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Nuovo studio rivela: gli imballaggi alimentari contaminano il cibo con micro e nanoplastiche

Negli ultimi decenni, la plastica è diventata uno dei materiali più utilizzati per il confezionamento degli alimenti, grazie alla sua leggerezza, versatilità e basso costo. Bottiglie, vaschette, pellicole, bustine e contenitori monouso popolano scaffali di supermercati e cucine domestiche, svolgendo un ruolo fondamentale nella conservazione dei cibi e nella logistica alimentare globale.

Tuttavia, dietro la promessa di praticità e igiene, si nasconde un rischio invisibile ma crescente, quello della contaminazione da micro e nanoplastiche (MNP).

A lanciare l’allarme è un nuovo studio pubblicato sulla rivista NPJ Science of Food condotto dal team guidato dalla biologa Lisa Zimmermann della Food Packaging Forum Foundation.

La ricerca ha rivelato come le comuni operazioni di apertura e utilizzo degli imballaggi alimentari possano rilasciare minuscole particelle di plastica direttamente nei cibi e nelle bevande. Una scoperta che pone interrogativi urgenti sulla sicurezza dei materiali a contatto con gli alimenti e sulla reale portata dell’esposizione quotidiana a questi frammenti invisibili.

Semplici azioni quotidiane come scartare una confezione di formaggi o immergere una bustina di tè in acqua calda porterebbero infatti alla migrazione di MNP negli alimenti. In alcuni casi la quantità rilevata sarebbe sorprendente se si pensa che nei cervelli umani analizzati sarebbero state trovate tracce equivalenti a un cucchiaio intero di nanoplastiche.

La ricerca ha esaminato oltre 100 studi, valutando criticamente la qualità dei dati e identificando le principali fonti di MNP. Sono state trovate micro e nanoplastiche in una vasta gamma di prodotti, tra cui birra, riso, pesce in scatola, acqua minerale, sale da cucina, cibo da asporto e bevande analcoliche, ed è emerso che le MNP possono derivare non solo dagli imballaggi ma anche dalle attrezzature per la lavorazione degli alimenti, soprattutto nel caso di alimenti ultra-processati.

Un dato particolarmente preoccupante è che il rilascio di MNP tenderebbe ad aumentare con l’uso ripetuto: ogni apertura di una bottiglia o lavaggio di un contenitore in plastica contribuirebbe all’abrasione del materiale e quindi al trasferimento di frammenti plastici negli alimenti.

Zimmermann sottolinea l’urgenza di sviluppare normative più specifiche e test di migrazione per valutare e limitare il rilascio di queste particelle considerato che l’attuale regolamento europeo sui materiali a contatto con gli alimenti (Regolamento CE 1935/2004) di fatto non considera esplicitamente le MNP, sebbene esse rappresentino una minaccia concreta per la salute pubblica.

Se da un lato gli effetti sulla salute non sono ancora del tutto chiari, numerosi studi suggerirebbero comunque che le MNP possono alterare il microbioma intestinale, causare stress ossidativo, neurotossicità e disturbi endocrini. In attesa di ulteriori ricerche dovrebbe essere il principio di precauzione a guidare le politiche sanitarie e industriali.

Il messaggio è dunque chiaro: ciò che riteniamo sicuro, come un contenitore di plastica per alimenti, può diventare un veicolo invisibile ma costante di inquinamento. Una maggiore consapevolezza, insieme a interventi normativi mirati, risulta fondamentale per proteggere la salute dei consumatori e ridurre l’esposizione quotidiana a queste particelle invisibili.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it e FoodyBev.com

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