Dopo la “stabilità” di marzo, i dati Istat indicano che le vendite al dettaglio ad aprile hanno registrato una variazione negativa su base mensile sia in valore sia in volume (rispettivamente -0,1% e -0,3%). Le vendite dei beni alimentari sono in calo (-0,7% in valore e -0,9% in volume), mentre quelle dei beni non alimentari sono in aumento (+0,3% in valore +0,2% in volume). Su base annua, le vendite al dettaglio diminuiscono dell’1,9% in valore e del 3,3% in volume.
Le vendite dei beni alimentari calano del 4,9% in valore e del 7,3% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari aumentano in valore (+0,6%) e non subiscono variazioni in volume. “Su base annua – sottolinea l’Istat – il calo risente in misura significativa della differente collocazione della Pasqua, che nell’anno in corso è caduta a fine marzo, mentre nel 2023 ha avuto luogo ad aprile“.
Commentando i dati Istat sulle vendite al dettaglio di aprile, il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella, ha sottolineato che i “consumi di beni restano fragili e, dopo il dato odierno, il tema diventa un problema serio per le prospettive di crescita dell’intera economia italiana che, comunque, resta in buona salute, almeno per adesso. Potrebbero non bastare turismo e servizi per far quadrare i conti con il target di variazione del PIL attorno all’1%. Il dato sulle vendite di aprile è peggiore delle attese (per gli alimentari: -7,3% il tendenziale grezzo contro la nostra previsione di -4,3%)”. Per le vendite nel complesso, anche al netto della diversa tempistica della Pasqua, il confronto annuo si conferma pesantemente negativo (-1,7% il dato destagionalizzato).
“A volere essere ottimisti – ha osservato Bella – a tutti i costi, si può rilevare che la riduzione delle vendite, sia congiunturale sia tendenziale, è in larga misura attribuibile al solo comparto alimentare. Ma ciò resta di scarsa consolazione stante sia il peso del comparto sia il riflesso negativo che ha sull’andamento dei fatturati delle imprese, non solo quelle piccole. La generale debolezza dei consumi si vede anche dalle dinamiche delle vendite per i diversi formati, con discount e commercio elettronico con valori in crescita. Una configurazione che tradisce una generalizzata ricerca di convenienza di prezzo“.
Secondo il direttore dell’Ufficio Studi, “i modesti miglioramenti sul versante del reddito disponibile, indotti dalla crescita dell’occupazione e dall’attenuarsi delle dinamiche inflazionistiche, non sembrano aver ancora prodotto effetti sulle decisioni di acquisto delle famiglie. È possibile che una scossa favorevole venga, oltre che dai rinnovi contrattuali, anche dall’avvio di una politica monetaria meno restrittiva e in grado di liberare risorse per i consumi e per gli investimenti“.